Bambini e adolescenti manifestano sempre più di frequente sintomi legati al modo di alimentarsi, tra i disturbi alimentari più conosciuti abbiamo bulimia, anoressia e “Binge eating” o per meglio intenderci “sindrome da alimentazione incontrollata”, ma non bisogna trascurare altri comportamenti sintomatici quali ad esempio l’alimentazione selettiva (mangiare solo alcuni alimenti). I disturbi alimentari esprimono sempre una difficoltà emozionale che il soggetto vive, questo accade perché il cibo ha per l’uomo anche un valore psicologico, a tal proposito Galimberti afferma:“Per effetto della sua rilevanza simbolica, il cibo diventa spesso l’espressione di numerosi conflitti psichici” (U. Galimberti) Una ricerca recente, pubblicata sull’International Journal of Psycological Studies, ha esaminato la relazione tra lo stile relazionale dei genitori e la risposta alimentare di bambini di età compresa tra 8 e 12 anni in sovrappeso.
Dalla ricerca è emersa una (preoccupante) tendenza dei genitori ad offrire cibo al bambino in presenza di stati emotivi negativi come mezzo per “calmarli”.
Perchè questa tendenza preoccupa?
– Perché rispondere allo stato emotivo negativo di un bambino di 8 anni tentando di consolarlo con il cibo significa di fatto ritornare ad uno schema legato alla prima infanzia in cui al pianto si rispondeva offrendo il seno o il latte. E’ come dimenticare d’un tratto gli anni trascorsi, le abilità di linguaggio e di espressione acquisite nel frattempo dal bambino. Il bambino si sente costretto a (o in diritto di…) riattivare uno schema infantile e inadeguato, scatenando una serie di consegue sul piano psichico e comportamentale
– Perché il bambino non vive una relazione pienamente soddisfacente: il genitore di fatto non gestisce il problema ma lo sposta e non lo risolve. Questo è solo uno dei tanti scenari che si apre dinanzi ai nostri occhi, ma partendo da questo spunto, che ci offre questa ricerca, possiamo riflettere costruttivamente sugli stili relazionali che utilizziamo con i bambini e non solo…